La vita dell’IPM di Napoli ha incantato molti, dai più giovani ai più adulti. Perché la serie non è la violenza, le pistole e le morti, ma la lettura profonda della distanza tra chi siamo e chi la società ci impone di essere
Amori, risse, riflessioni. La guerra di mafia, i soldi, il dominio sulle piazze, la vendetta come unica, inefficace, medicina contro il dolore. È il fenomeno Mare Fuori: dilagante, dirompente, trans-generazionale. Una serie tv che parla la lingua della quotidianità e racconta una realtà che è esistita ed esiste ancora, non solo ai piedi del Vesuvio. La vita dell’IPM di Napoli ha incantato molti, dai più giovani ai più adulti. Per la trama coinvolgente, le dinamiche di potere, l’azione. Ma soprattutto per l’intreccio di storie, relazioni ed emozioni che costellano il racconto e che l’ottimo cast valorizza al massimo.
Tutti sono protagonisti con il loro vissuto, le loro fragilità, i loro punti di forza. La produzione, Rai-Picomedia, approfondisce, analizza e studia i personaggi, indagandone il passato per cucirlo con il presente e trovando, in ognuno di loro, un insegnamento da consegnare agli spettatori e un messaggio di rinascita. Mare Fuori non è la violenza, le pistole e le morti, pilastri fondamentali della finzione cinematografica. È la lettura profonda della distanza tra chi siamo e chi la società ci impone di essere, l’esempio di quanto sia difficile fuggire da regole che ingabbiano corpo e anima sacrificandoli per lusso, denaro e potere. Niente sentimenti, gioie, paure. Perché “il sistema” (le organizzazioni mafiose), come loro lo chiamano, non fa sconti a nessuno: bisogna imparare a difendersi e a premere un grilletto senza pensare alle conseguenze.
Ed è proprio quando toccano il fondo, a volte anche raschiandolo, che il carcere diventa per i ragazzi luogo di libertà, in un paradosso che abbraccia le tre stagioni finora girate e disponibili per la visione. Dietro le sbarre, i detenuti imparano a controllarsi, vengono educati, scoprono gli altri ma soprattutto sé stessi, i propri limiti, le proprie fragilità, i propri talenti. La prigione, così, si trasforma in una casa: nascono amicizie e amori, ma anche faide e dissidi. Perché la guerra arriva anche in cella ed è una realtà con cui il comandante, la direttrice e gli educatori devono fare i conti per provare a salvare – non sempre riuscendoci – anche solo uno dei “loro” ragazzi.
Mare Fuori piace e, adesso, tutti aspettano trepidanti la quarta stagione, in uscita tra pochi giorni. E non c’entrano violenza o presunti cattivi esempi. Semplicemente, è un manifesto di speranza e cambiamento. Per (ri)nascere è necessario morire (uccidendo il sé piegato al sistema mafioso), per mostrarsi forti, bisogna prima accettare e abbracciare le proprie fragilità ed emozioni, allontanandosi da regole non scritte che finiscono per incatenare un cuore buono (che va ascoltato). Perché in guerra, di qualsiasi tipo essa sia, non vince mai nessuno. E l’esempio del cinema, pur nella finzione, è uno dei migliori modi per spiegarlo.
Aspettando la quarta stagione…
Trailer quarta stagione: https://www.rainews.it/video/2024/01/mare-fuori-4-il-trailer-nuove-passioni-e-un-ritorno-inaspettato-2d25e8b7-2c6b-4fd0-adb9-d321f20d6377.html
Foto in copertina e nell’articolo: @MareFuori – La Serie, profilo Facebook