«Chi era Falcone?», chiese Giovanni.
«Un magistrato che ha avuto coraggio. Anzi, la forza e la consapevolezza di combattere. Per la giustizia e per la vita», rispose il nonno, inorgogliendosi.
«Perché? Che ha fatto?»
A tavola, tutti i grandi parlavano di un palermitano con i baffi e il sorriso contagioso. Un uomo come gli altri. Sei anni, il piccolo era morso dalla curiosità.
«Falcone ha dimostrato che bloccare gli ingranaggi della mafia è possibile. Per questo lo hanno ucciso».
«Cos’è la mafia?»
«Vuoi sapere proprio tutto eh, bravo! Vieni qui, siediti vicino a me».
A pranzo finito, si erano tutti trasferiti nel salone. Giovanni corse verso la sedia vuota accanto al nonno. E stette in attesa, in silenzio.
L’anziano riprese: «La mafia è come un’erbaccia. Cresce in mezzo alle piante sane, le contagia. Spesso le costringe a condividere la loro acqua. Le sopprime, fino a che non arriva a sradicarle. Ma lei rimane sempre lì. Ad avvelenare il terreno».
«Però le erbacce possono essere rimosse. Papà e mamma lo fanno sempre», obiettò il piccolo.
«Hai ragione. Ma devi prima saperle riconoscere. E la mafia si nasconde spesso anche tra le piante più belle e rigogliose», replicò il nonno.
Giovanni fece un gesto sconsolato con la mano.
«Nonno, ma allora come si fa a sconfiggere la mafia? Falcone aveva i superpoteri?»
«Non pensare che lanciasse ragnatele o avesse gli occhi laser. Ma in un certo senso, sì, li aveva».
«E cosa faceva? Era invisibile? Sputava fuoco dalla bocca?». Giovanni era elettrizzato.
«Non era invisibile. Anzi, il contrario. E il fuoco ce lo aveva dentro. Sapeva che sarebbe stato in grado di incendiare solo le erbacce, lasciando intatte le piante sane».
Sul viso del piccolo comparve un’espressione delusa.
Il nonno se ne accorse. Ma mentre il nipotino se ne stava con lo sguardo basso, continuò a raccontare.
«Vedi, Giovanni. Non sempre gli eroi indossano una maschera o sputano fuoco dalla bocca. A volte sono persone come te, come me. Ma fanno tanto rumore. E non piacciono a chi è cattivo»
Giovanni si rimise composto. «Perché?», sussurrò, ancora un po’ insoddisfatto.
A sei anni, “perché” è la domanda per eccellenza. Si cerca di avere risposte agli interrogativi che il mondo pone.
«Perché cambiano la società dall’interno, sono dei grandi megafoni» rispose il vecchio.
«Perché la mafia ha ucciso Falcone?»
Ormai il piccolo inanellava un quesito dietro l’altro.
«Perché secondo loro sapeva troppo e parlava troppo. Hanno fatto saltare in aria l’autostrada, qui vicino a Palermo. Falcone era un personaggio scomodo, li aveva scoperti tutti. Aveva cominciato un processo gigantesco e molti aveva pure iniziato a portarli in carcere».
Al nipote brillarono gli occhi.
«E poi?», chiese.
«La giustizia richiede tempo. Falcone sapeva di averne poco e che lo avrebbero cercato…»
«Ma se sapeva tutte queste cose, perché non è riuscito a evitare di essere ucciso?
«Aveva fatto tutto il possibile, viveva con la scorta. Ma era sicuro che prima o poi sarebbe successo. E sapeva pure un’altra cosa».
«Falcone sapeva tante cose, nonno?»
«Molte. Anche che, se fosse morto, qualcuno avrebbe proseguito la sua battaglia. Era un uomo a cui piaceva il gioco di squadra».
«Nonno, posso chiederti una cosa?», lo interruppe Giovanni.
«Dimmi pure»
«Chi può giocare nella squadra di Falcone?»
L’anziano sorrise.
«Tutti. Non c’è nessun requisito, né alcuna prova d’ingresso. Basta volere bene agli altri, averne rispetto e denunciare le ingiustizie. Non ci sono limiti di età. Anzi, da piccoli si impara tutto meglio».
«Quindi anche io posso giocare nella quadra di Falcone?»
«Certo! Lui ne sarebbe felicissimo».
Giovanni si illuminò, rifletté un attimo.
«Nonno, ma un uomo così avrà avuto un nome da supereroe. Come si chiamava Falcone?»
«Hai ragione. Aveva un nome da supereroe: si chiamava Giovanni».
«Come me!»
Il piccolo corse per la casa, esultando come se avesse appena segnato un gol al Bernabeu.
«Nonno, nonno!», il nipotino si catapultò in braccio all’anziano, con aria trionfante.
«Che è successo?»
«Da grande voglio essere come Falcone. Voglio fare il magistrato».
Il vecchio rimase in silenzio e lo abbracciò forte.
Mentre stringeva a sé Giovanni, sussurrò qualcosa, rivolto al cielo.
«Le tue idee camminano sulle nostre gambe. E continueranno a farlo: è una promessa».