Al teatro Duse di Bologna, l’attore padovano scherza, improvvisa, ride, contagia i presenti e li coinvolge. Ma soprattutto non si prende sul serio: è la sua arma migliore. Sul palco Spollon è Spollon, ancora più che in televisione
“Signora, veda che io interagisco. Se ha detto qualcosa, non può più tirarsi indietro”. Pierpaolo Spollon rompe il ghiaccio e il silenzio dell’attesa con una battuta delle sue. Mezza ironia, mezza verità. Perché il teatro non è la tv e anche il pubblico costruisce lo spettacolo. La spettatrice, che tra gli applausi gli ha urlato qualcosa, deve ripeterlo al microfono. Entra dalla platea l’attore padovano, in mezzo alla gente che, al Duse di Bologna, è andata a conoscerlo per entrare nel suo mondo di leggerezza (che non vuol dire superficialità) e ironia. Perché lo schermo filtra, la realtà no.
“Oggi è lunedì. Mille persone a vedere un cretino su un palco. Non avevate di meglio da fare? Ma che avete in testa qua?”. L’accoglienza è già un tutto dire. Inizia lo show. Primo ingrediente: il sorriso. E non solo: si riflette, si impara, ci si emoziona. Ed è proprio di emozioni che Spollon parla in Quel che provo dir non so, in una scenografia minimale che restituisce alla parola tutta la sua potenza. L’attore tratteggia imbarazzo, paura, gioia, preoccupazione. Ma anche stati d’animo a cui, in occidente, “non abbiamo dato un nome perché, a volte, non siamo neanche capaci di riconoscerli”: sensi di vuoto, nostalgia di un luogo mai visitato, speciali forme di affetto.
“Quello che lavora con Luca Argentero”, come lui stesso si definisce con umorismo tra le risate generali, racconta la sua storia tra divertenti aneddoti e considerazioni più profonde. Si prende gioco del suo Veneto, dei genitori. Ma soprattutto non si prende sul serio: è la sua arma migliore. Spollon è Spollon, ancora più che in televisione. Scherza, ride, contagia i presenti e li coinvolge, li vuole partecipi. Improvvisa tanto, libero da copioni e restrizioni che in una produzione per il piccolo schermo sono indispensabili. Gli piace e si vede. Si diverte lui, si divertono tutti. Soprattutto, si mette a nudo in un luogo dove non si può mentire: perché a teatro, la verità sta negli occhi del pubblico.
L’esperienza lo aiuta, ma per strappare un’ora e venti di sorrisi alla gente ci vogliono mestiere e carattere. L’attore padovano lo fa a modo suo, in un one-man show durante il quale mostra tutto ciò che in televisione, di lui non si vede o, forse, si può solo intuire. Dietro il potere della risata e dell’ironia, c’è un messaggio a cui tiene particolarmente: l’importanza di comprendere le emozioni, strumenti per maturare e crescere, con conseguenti benefici per la salute mentale.
Quando lo spettacolo è giunto quasi al termine, nessuno vuole lasciare la propria poltrona. “Siamo alla conclusione”, l’annuncio del padrone di casa. Subito, si alza un coro di disapprovazione generale. Allora, ancora cinque minuti di sorrisi e leggerezza e un pensiero rivolto alla situazione palestinese e alla richiesta di “cessate il fuoco”, invitando a sostenere Amnesty International. Poi, applausi scroscianti per diversi giri di orologio. Sul palco, Spollon se li prende tutti. Ed è sé stesso fino alla fine: un po’ serio, un po’ burlone.
Foto in copertina: @web