Appena 21 anni e aveva tutto: amore dalla gente, soldi, popolarità. Un album – il secondo, Privacy – in uscita il prossimo uno marzo e un concerto già annunciato al Forum di Assago. In più, due partecipazioni a Sanremo, in una pur breve carriera. Un sogno per un ragazzo come tutti, con l’amore per la musica.
Ma Sangiovanni ha avuto il coraggio di fermarsi. O come lo si voglia chiamare: fegato, maturità. Niente disco, né live.
Ha capito di non essere in pace con sé stesso, di vivere al buio, vedere la realtà in bianco e nero. Si era notato, sul palco dell’Ariston, dai suoi occhi spenti, tristi.
I bagni di folla, i milioni di follower sui social e la fama sono svaniti in un attimo. Non è facile reggere il successo e la notorietà che stravolgono la vita, piombano addosso, logorano in silenzio. Rimangono nascosti celando pressioni e aspettative e poi, nel momento in cui tutto sembra andare a gonfie vele, pendono sulla testa come una spada di Damocle.
Sangio è stato bravo perché si è ascoltato. Lo ha fatto presto, a vent’anni, quando il mondo (oggi più che mai) impone una frenetica corsa al futuro senza prevedere soste. Quando il domani spaventa così tanto che ci si dimentica, spesso, di apprezzare l’oggi. Ha mandato un messaggio chiaro, facendosi portavoce di una generazione che lotta per la propria salute mentale e che ne sta riconoscendo sempre di più l’importanza.
Con l’augurio di stare presto meglio, grazie Sangio.
Perché ci hai ricordato che la nostra fragilità è la nostra forza più grande e il nostro benessere non ha prezzo. E non c’è niente che possa comprarlo.
Foto in copertina e nell’articolo: @sanremorai