L’insalatiera torna a essere tricolore con la firma gargantuesca del ragazzo-carota. Ma è di tutti, la toccano tutti, la alzano tutti. È la coppa nostra, loro, di un’intera nazione che ha sperato, tifato, creduto. E ha visto il sogno azzurro diventare realtà
Le braccia larghe, l’abbraccio con Volandri, Arnaldi e tutti gli altri, l’umile sorriso che abbiamo imparato a riconoscere, sotto la chioma rossa. A Malaga la sceneggiatura dell’epilogo più atteso, bello, romantico. La Davis nel nostro Paese dopo 47 anni. Non senza soffrire, sperare, crederci. Oggi l’Italia è di Jannik Sinner, che quella maglia azzurra la indossa con fierezza, la suda, la sente. La ama davvero, la onora come coloro che lo avevano accusato di disprezzarla non avevano capito o semplicemente voluto vedere. A ventidue anni, l’altoatesino ha la testa e il cuore di un veterano, la tempra e lo spirito di squadra dei grandi campioni.
La dimostrazione in semifinale contro la Serbia quando, dopo la sconfitta di Musetti, è chiamato all’impresa. Di fronte a lui, il numero uno del mondo, Novak Djokovic. Un set pari, 4-5 al terzo con tre match point da annullare. Spalle al muro, sogni quasi infranti, in pochi a crederci. La panchina, però, continua a incitarlo: “Dai Jannik, ce la fai”. È la forza dell’Italia: nasce dal gruppo (anche Berrettini presente tutti i giorni), dalla coesione, dall’essere amici prima che compagni. E in quel momento Sinner era l’Italia e l’Italia Sinner. E così, Jannik non abbassa lo sguardo, sa di poter giocare alla pari, è glaciale. Annulla il primo, il secondo, il terzo punto-partita, piazza il break, vince. Mai nessuno come lui.
1-1 e doppio decisivo, 30 minuti dopo, con Djokovic deciso a vendicare la sconfitta. L’altoatesino torna in campo con Sonego: insieme ridono, scherzano, si incitano. C’è complicità e si vede. Giocano il loro tennis mentre dall’altra parte del campo Nole e Kecmanovic fanno fatica a trovare sintonia. Il gruppo vince sul singolo, anche nello sport individuale per eccellenza. “A FIFA li portiamo a spasso tutti, lì per davvero”, è il commento divertito di Sinner dopo la semifinale. Umile, sempre. Come il ragazzo della porta accanto, che potresti trovare al campanello di casa con i pasticcini in mano. A Malaga, i ragazzi di Volandri si divertono (in campo e non) e si diverte anche il pubblico.
E contro l’Australia il copione è lo stesso. Arnaldi vince con il cuore, Jannik è in versione rullo compressore per regalare agli italiani ancora un sorriso, l’ultimo della stagione. Alla fine, via alla festa, che manca dal 1976. L’insalatiera torna a essere tricolore, con la firma gargantuesca del ragazzo-carota. Ma è di tutti, la toccano tutti, la alzano tutti. È la coppa nostra, loro, di un’intera nazione che ha sperato, tifato, creduto. E ha visto il sogno azzurro diventare realtà. Una volta di più, dopo 47 anni, con la certezza di avere tra le mani un talento generazionale.
Foto in copertina e nell’articolo: @federtennis