Ha da poco raggiunto il quarto posto nel ranking ATP, miglior risultato per un italiano nell’era Open dal 1976, quando a riuscirci era stato Adriano Panatta. Ma su Jannik Sinner c’è sempre qualcosa da ridire e lui, con grande maturità, ha trascinato tutti dalla sua parte nel migliore dei modi: facendo parlare il campo
La faccia da bravo ragazzo, costanza, impegno, educazione. Ventidue anni. Classe, tanta. Potenziale, enorme. Silenzioso e sempre più cinico. Vinca o perda, però, su Jannik Sinner c’è sempre qualcosa da ridire. Saranno il mondo troppo veloce e la filosofia del volere tutto e subito, anche nello sport. O semplicemente, che la pazienza per aspettare che un talento sbocci, ormai, ce l’hanno davvero in pochi e le critiche, soprattutto se poco costruttive, non bastano mai.
Eppure, il tennista altoatesino non si è fatto condizionare dal mondo attorno a sé: nessuna dichiarazione fuori posto o uscite infelici, ma la consapevolezza e l’umiltà dei grandi campioni. Non ha ancora messo in bacheca uno Slam, ci è andato vicino fermandosi in semifinale a Wimbledon. Ma per ora il suo 2023 è da incorniciare: trionfi a Montpellier, Toronto e Pechino, finale a Miami e qualificazione aritmetica alla Finals di Torino. Alle polemiche che lo hanno coinvolto negli ultimi tempi, Jannik Sinner ha risposto facendo parlare il campo.
Ha raggiunto il quarto posto nel ranking ATP, miglior risultato per un italiano nell’era Open dal 1976, quando a riuscirci era stato Adriano Panatta. Lo ha fatto vincendo a Beijing in un torneo 500, battendo per la quarta volta (mai nessuno come lui) il fenomeno generazionale Carlos Alcaraz e poi la sua bestia nera Daniil Medvedev, rispettivamente n.2 e n.3 del mondo. Non un trionfo come gli altri e i motivi sono molteplici. Innanzitutto il tabellone, in sostanza un master 1000, con Novak Djokovic e Taylor Fritz unici assenti tra i top 10. E poi, l’aver superato due sfide – semifinale e finale – contro rivali di altissimo livello. Sempre in controllo, mentalmente pronto, glaciale nei momenti decisivi.
Il salto di qualità, il ventiduenne altoatesino, lo sta facendo per davvero. Per crescita tecnica (basti vedere il “serve and volley” ben utilizzato contro Medvedev, i miglioramenti della seconda di servizio e del drop shot), perseveranza e soprattutto maturità. La stessa con la quale ha deciso di saltare la prima fase della Coppa Davis, trovandosi a far fronte a una crociata nazionalpopolare sull’importanza della maglia azzurra per cui sono fioccati i paragoni con il passato, quando i ritmi del tennis e l’impronta del gioco erano ben diversi. Come se recuperare le energie e arrivare in forma al finale di stagione fosse segno di un chiaro disinteresse per la nazionale.
Poco male. Noncurante delle polemiche, Sinner ha continuato a testa bassa per la sua strada, trascinando dalla propria parte anche chi, fino a qualche settimana prima, gli aveva inveito contro gridando allo scandalo. Oggi “tutti sul carro”. E si spera per rimanerci a lungo, anche a fronte di qualche passo falso. Perché il bravo ragazzo di San Candido – capelli arancio, rispetto per tutti e grande etica del lavoro – è il presente e il futuro del tennis italiano.
Foto articolo: @janniksin