Due università baciate da talenti generazionali, il prestigio della storia e il fascino della rivalità più accesa del college basketball. Duke vs North Carolina non è una partita come le altre, né lo sarà mai. Usi e costumi stravaganti, avvolti in una fusione inedita tra tradizione e leggenda, si cementano in un’altalena di passione ed emozioni. Nei giorni precedenti al match, l’atmosfera si carica di elettricità e attesa, sprigionando un’energia quasi religiosa, che contamina gli animi di tifosi e studenti appassionati. A Duke la preparazione all’evento è pervasa dal profumo della consuetudine. Krzyzewskiville, denominata così in onore di coach K, ovvia al problema di capienza del “piccolo” Cameron Indoor Stadium, dotato di 9134 posti. Dormire in tenda per almeno cinque settimane e con condizioni atmosferiche a volte proibitive, superare quiz sulla storia del college, conoscere statistiche avanzate e rispondere a domande divertenti sulla vita privata dei giocatori sono gli strumenti per accedere all’arena. È una pazzia, ma è tremendamente affascinante.
Undici miglia più lontano, a Chapel Hill, la rivalità si consolida all’entrata del Dean Smith Center, intitolato al più vincente allenatore della storia di questo college. 22.000 posti, banda, cheerleaders e il solito immancabile, unico, credo: la pallacanestro. La palestra di vita di Michael Jordan, fondata nel 1789 sotto la presidenza di Washington, vanta il sapore dell’antico e la bellezza del moderno. Stanotte le due università si affronteranno nell’appuntamento numero 258 della loro storia, con in palio la finale della March Madness.Mai un torneo NCAA era stato la cornice di questa eterna e avvincente rivalità. Blue Devils o Tar Heels: una accederà all’ultima fase, l’altra uscirà sconfitta. E a separarle sarà solo una piccola sfumatura di blu.