Una religiosa e sfiancante attesa, condita da critiche, contestazioni e accuse, ha fatto a pugni, negli ultimi due anni, con il minuzioso e straordinario lavoro svolto a Maranello. Gli sforzi, concentrati sul cambiamento di regolamento e sullo stravolgimento totale della categoria regina del motor sport, hanno dato i loro frutti. Il circuito del Bahrein incorona la Ferrari che, dopo novecento-tre giorni, si concede una parata di celebrazione al traguardo. La bandiera a scacchi consegna alla scuderia una doppietta che profuma di rivincita e manda al paddock un messaggio forte e chiaro: la Rossa è tornata. Gli ingranaggi di coesione tra tecnici, ingegneri, staff e piloti ruotano, già dal primo GP, con grande sinergia e coordinazione. Pit-stop veloci e strategie impeccabili si fondono con la gestione delle gomme, le velocità, l’istinto e il talento di Sainz e Leclerc, emblemi, oggi, del cavallino rampante.
È il primo atto, l’inizio di un mondiale che si preannuncia una lotta senza esclusione di colpi alla pari con Red Bull, rapida ma alle prese con problemi di inaffidabilità, lanciando un occhio attento all’evoluzione arrembante della Mercedes che sembra, per ora, in affannoso ritardo. Era importante spingere sull’acceleratore, guidare con prudenza ma senza paura e dimostrare che la musica è cambiata. E il primo accordo, melodioso e aggressivo, dolce ma intenso, è un tripudio rosso. Lo suona la Ferrari, con l’eleganza e la decisione di un primo violino.